Caso 1, gatto, DSH, 12 anni, FS; pancreas aumentato di
volume e disomogeneo; campionamento del fegato; ovviamente i dati clinici non
sono stati comunicati.
Per fortuna (per il citologo, non per il gatto) i campioni
sono estremamente cellulari e dominati da elementi epiteliali a citoplasma
indistinto, talora occupato da microglobuli acromatici o da granuli eosinofili,
contenenti nucleo rotondeggiante, eccentrico, marcatamente dismetrico, a
cromatina grossolana, nucleolato; questi elementi sono organizzati in lembi discoesi,
bi o tridimensionali, dalla cui periferia tendono a distaccarsi sotto forma di
piccoli aggregati, nel cui contesto si riconoscono disposizioni micoracinari o
in filiere; il fegato si caratterizza per fenomeni di colestasi frequente.
I rilievi sono sufficienti per emettere una diagnosi di carcinoma pancreatico esocrino con caratteri microacinari; la neoplasia è in genere molto aggressiva e necessita di stadiazione, allo scopo soprattutto di indagare eventuali metastasi a carico dei linfonodi o dei parenchimi splancnici; nel fegato si rilevano i fenomeni di colestasi che rappresentano, nel gatto, una conseguenza ostruttiva frequente a carico del deflusso biliare di malattie pancreatiche potenzialmente coinvolgenti il dotto escretore, che condivide con il dotto biliare comune lo sbocco in sede intestinale.
Caso 2: gatto, DSH, 14 anni, FS; massa intestinale
(facciamoci bastare la definizione e dimentichiamoci altri dati clinici e
anamnestici).
Anche in questo caso, per fortuna del citologo (e neanche stavolta del gatto), l’esfoliazione è abbondantissima e dominano, su fondo lievemente ematico e proteinaceo, elementi a citoplasma indistinto, di cui si apprezza, nei punti di conservazione ottimale, un profilo fusato o caudato, un citoplasma debolmente basofilo e un nucleo ovoide lievemente dismetrico, a cromatina compatta o granulare, nucleolato; le cellule descritte sono frequentemente imbrigliate nel contesto di fasci di materiale fibrillare eosinofilo: questo carattere, più che il profilo citoplasmatico, è fortemente suggestivo di una proliferazione di derivazione mesenchimale.
Non facciamoci ingannare dai caratteri innocui dell’aspetto morfologico di queste cellule: il loro numero estremamente elevato è da solo indice di una neoplasia mesenchimale maligna, che potrebbe essere espressione di un leiomiosarcoma, di derivazione muscolare liscia parietale, di un GIST (acronimo fastidioso perchè anglosassone, a cui genuflettersi, che sta per Gastrointestinal Stromal Tumor), di derivazione dalle cellule di Cajal o altra neoplasia mesenchimale maligna, di cui ipotizziamo una derivazione parietale solo su base induttiva, in quanto non ci sono stati forniti dati clinici e anatomici di alcun tipo, se non l’immagine eterea di una “massa” intestinale. Qualora fosse necessaria una distinzione di istotipo, sulla base di una più o meno vaneggiata capacità di estensione metastatica diversa per le diverse neoplasia, si rimanderebbe a valutazioni di tipo immunoistochimico da effettuarsi su sezioni istologiche della lesione stessa, ma sicuramente dopo una stadiazione accurata, allo scopo di escludere altri coinvoglimenti intestinali o metastasi già eventualmente presenti.