Caso 1: Cane, meticcio, F, 10 aa, espansione del parenchima splenico con ipergammaglobulinemia; Cane, nodulo interdigitale.
Due casi morfologicamente facili che offrono lo spunto per discutere brevemente la classificazione delle neoplasie plasmacellulari. Come si può notare, i due campioni sono praticamente sovrapponibili dal punto di vista morfologico, ossia sono rappresentati dalla presenza di elementi rotondocellulari dispersi singolarmente a citoplasma occupato da arcoplasma o da zolle di materiale eosinofilo che si addensano a sede submembranaria (quel carattere morfologico sulla cui base qualche barbaro si sente in diritto di utilizzare il termine descrittivo di “cellula a fiamma”); il nucleo è talora doppio o triplo e costantemente paracentrale od eccentrico.
Alla faccia della
presentazione citologica analoga, stiamo guardando due popolazioni cellulari
provenienti da una milza ingrandita in un cane con ipergammaglobulinemia e da
un nodulo cutaneo interdigitale in un cane asintomatico. Come può quindi l’aspetto
morfologico delle plasmacellule neoplastiche essere indicativo di un processo
patologico preciso? E’sufficiente la valutazione dell’aspetto morfologico delle
plasmacellule neoplastiche a prevedere il comportamento biologico della
malattia? E’possibile, su base morfologica, associare i caratteri morfologici
di una proliferazione plasmacellulare a una diagnosi clinica definita? La mia
opinione personale è: no, non è possibile. In bibliografia sono descritte
proliferazioni plasmacellulari a sede splancnica che non hanno alcun esito
nefasto per il paziente e lesioni definite come plasmocitomi extramedullari
solitari a sede cutanea, generalmente considerati benignissimi, che a distanza
di tempo hanno avuto un’evoluzione leucemica. Per cui la mia opinione è che sia
bene astenersi da una diagnosi basata sulle morfologie che abbia implicazioni
cliniche, limitarsi a definire la “proliferazione plasmacellulare” e lasciare
che sia la stadiazione clinica, gli approfondimenti di laboratorio, come l’elettroforesi
o l’esame delle urine e l’evidenza della progressione patologica a definire un
verdetto di benignità o malignità.
Caso 2: cane,
Pastore tedesco, M, 6 aa. neoformazione perianale.
Caso facile, cionondimeno
interessante per alcuni aspetti morfologici: è un carcinoma dei sacchi anali,
per il quale l’aspetto saliente non è rappresentato dai classici aggregati
discoesi di elementi a citoplasma indistinto, in distribuzione frequentemente
microacinare, bensì dall’esfoliazione di elementi a citoplasma indistinto,
frequentemente occupato da microglobuli acromatici ed organizzati in filiere o
palizzate; questa popolazione cellulare potrebbe essere rappresentativa di una
variante tubulare o a cellule chiare della neoplasia, senza tuttavia che i
rilievi incidano sulle previsioni relative al comportamento altamente
aggressivo della neoplasia. In diagnosi differenziale si potrebbe considerare
una forma scarsamente differenziata di carcinoma epatoide, che esibisce
fenomeni di de-differenziazione di aspetto sebaceo, ma ritengo altamente
improbabile che un carcinoma epatoide non esibisca almeno qualche cellula di
chiara derivazione epatoide.
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